"È un alto tradimento quello dei calciatori che scommettono su piattaforme illegali".
Così il ministro per lo sport e i giovani, Andrea Abodi, torna a parlare dello scandalo scommesse illegali che ha coinvolto alcuni giocatori italiani.
Alla trasmissione “Il Rosso e il Nero”, in onda su Rai Radio1, Abodi rimarca: "Può sembrare una definizione ridondante ma per me è così. È un tradimento della passione, della fiducia, del ruolo che non è solo quello del calciatore, ma di riferimento per i ragazzi a livello comportamentale. E quindi, va molto oltre il mancato rispetto delle norme. È un messaggio diseducativo”.
Il ministro quindi lancia la sua proposta: “Non si può pensare di contrastare dicendo semplicemente 'non si fa'. Sto cercando di elaborare una carta dei doveri perché i contratti dei professionisti spesso si concentrano sui diritti. Io credo che invece, debbano essere arricchiti da una componente che parla solo dei doveri: il dovere di non doparsi, non prendere soldi in nero, non scommettere perché è vietato per i professionisti, non guardare le partite su piattaforme pirata".
Gli fa eco il presidente della Lega B Mauro Balata: “È fondamentale che le istituzioni del calcio facciano la loro parte e siano responsabili di progetti di formazione contro le scommesse illecite per i tesserati dei loro club. La Lega B, con l’Integrity tour che ho fortemente voluto, vede dal 2018 i club coinvolti in questo tipo di formazione insieme all’Aic e al dipartimento della Pubblica sicurezza, che attraverso il servizio Analisi criminale della Direzione centrale della Polizia criminale, con il proprio dirigente Stefano Delfini, ha anche illustrato il progetto al recente Meeting Interpol Match – fixing task force di Buenos Aires, definendolo una best practice per la prevenzione e il contrasto all’infiltrazione della criminalità e agli episodi di frode sportiva”.
Ad interrogarsi sul “senso” della vicenda che ha coinvolto Nicolò Fagioli, Sandro Tonali e Nicolò Zaniolo, è anche Ivan Zazzaroni, direttore del Corriere dello sport, nel suo editoriale, che termina con un auspicio riguardante il divieto di pubblicità al gioco introdotto dal decreto Dignità nel 2018.
“Perché lo fanno? Perché dei ragazzi talentuosi, fortunati e milionari infrangono le regole dello sport che li ha resi ricchi, ammirati, invidiati, popolarissimi? Troppe risposte si rincorrono - accavallandosi - in questi giorni, alcune non le condivido affatto: stiamo assistendo al gioco delle giustificazioni che sconfina nel giustificazionismo. Leggo e sento parlare di noia, solitudine, di calciatori che diventano miele per le mosche e qualcuno avverte la necessità di figure disposte a scacciarle.
Ieri mi sono imbattuto in un elenco decisamente spiazzante, fuori luogo: 'procuratori che non badino solo ai soldi, allenatori paterni, dirigenti attenti, ragazze sensate, amici veri fuori e dentro la squadra'. Se è vero - com’è vero - che gli allenatori e i dirigenti non possono sempre deciderli i calciatori, lo è altrettanto che la scelta di procuratori, fidanzate e amici dentro e fuori è esclusivamente loro. Così come quella di puntare sulle partite. Una persona è quello che è per le scelte che fa ed è responsabile delle proprie decisioni.
Il che non vuol dire che non possa sbagliare. Ma per rimediare agli errori commessi bisogna innanzitutto averne la consapevolezza e assumersene la responsabilità. Richiamare un giovane uomo, un calciatore, ad affrontare le conseguenze delle proprie scelte non significa condannarlo a priori, ma - anzi - ricordargli che ad ogni errore c’è rimedio, purché in presenza di consapevolezza e volontà. La solitudine, la noia, le famiglie imperfette non sono un’esclusiva dei calciatori. Ed è giusto ribadirlo, ma se si omette il richiamo alla responsabilità si rischia di cadere nella retorica dell’antiretorica. P.S. Presto un decreto del Governo dovrebbe essere posto sotto osservazione dal nuovo Esecutivo: il Dignità, che ha favorito le scommesse illegali, le piattaforme clandestine. Il nostro Paese incoraggia da sempre il gioco d’azzardo, lo faccia promuovendo la legalità e di riflesso il controllo diretto”.