Scommesse, gaming, decreto dignità, pubblicità e mondo del calcio. Sono queste le parole chiave di questa intervista a Niccolò Caramatti, Ceo di Fantasygaming e titolare dei brand Fantasyteam e Sportitaliabet.
L’apertura sulla pubblicità e gli anni del decreto dignità, qual è la situazione? “Io sono favorevole sicuramente a un cambiamento dell’attuale legge che vieta totalmente la pubblicità del gioco - esordisce Caramatti - perché in questo momento, come ho detto più volte, è troppo restrittiva e non è chiara perché le stesse linee guida di Agcom sono state più volte male interpretate da tanti attori coinvolti, vedi per esempio le piattaforme social. In questo caso quelle ufficiali hanno chiuso per pura prudenza anche senza aver violato alcuna norma ma per pura prudenza. Quando la legge è così dura vai incontro a infinite distorsioni quindi siamo contenti che si parli di cambiamento e spero che questo nuovo corso porti dei vantaggi a tutti in particolar modo all’utente finale che potrà avere chiaro quali sono i siti legali senza imbattersi in piattaforme di dubbia provenienza che non garantiscono il giocatore in nessun modo e che quindi poi vanno a sporcare l’intero settore che lavora onestamente”.
Apertura sì ma forse è la finalità di questo cambiamento che genera forti dubbi a Niccolò Caramatti: “L’intento è quello di favorire il mondo del calcio ma anche in questo caso vanno specificati gli spazi dove poter agire. Si parla di calcio e di pubblicità indiretta per portare valore ai club. Ma qui si entra in un’altra area grigia: si parla solo di calcio ma non di altri sport anche se, in attesa delle linee guida, si presume che si possa avere un ampio spazio di manovra. Un altro tempo è il logo e la pubblicità del gioco responsabile che genera altre ambiguità. Attendiamo come verrà definito il decreto e quale sarà il perimetro. Tuttavia sarebbe auspicabile un modello come la legge Balduzzi che era molto ben fatta perché limitava il gioco proteggendo le categorie più a rischio riducendo la pubblicità di massa. La prospettiva è quella di non poter pubblicizzare il gioco tranne che sulle maglie di calcio. Anche questo è un modo per bypassare la normativa che andrà scritta molto bene e non credo che sarà molto semplice. Il rischio di ulteriori distorsioni è alto”.
Torniamo al calcio, perché è sbagliato l’approccio? “Credo che il calcio sia un prodotto scadente e che sia stato gestito molto male in questi anni. Perché dovremmo investire milioni di euro su maglie di club che non valgono il prezzo che fissano? L’investimento è troppo sproporzionato rispetto alla visibilità che offrono le squadre di calcio e al ritorno di comunicazione che si potrebbe avere. Alla fine il discorso andrebbe ribaltato e forse dovrebbe essere il contrario. Ci sono molte opportunità di sponsorship che offrono molto più valore e se ci si lega ad una squadra piccola c’è il rischio che poi scenda anche di categoria e il valore crolli rendendo meno conveniente il ritorno,” prosegue Caramatti.
In tutto questo i bookmaker dovrebbero investire per aiutare il calcio e subire l’ennesimo aumento di tasse: “La presunta tassazione dell’1% sul turnover è pura follia. Non esistono precedenti in altri settori: un’azienda privata chiede un sussidio a un’altra per un presunto diritto di utilizzo dell’informazione offerta dai risultati della stessa, non c’è precedente di questo e la cosa più ridicola è ma allora perché il ministro non va a chiedere lo stesso ai bookmaker di altri paesi perché anche loro utilizzano la serie A. Non è l’unico sport presente grazie al cielo e nessuno si sogna di venirci a chiedere una percentuale altrimenti avremmo chiuso domani. È proprio il discorso di sussidio che è fondamentalmente sbagliato. Noi non chiediamo sussidio a nessuno e se il calcio lo chiede allora significa che stai facendo molto male il tuo lavoro. Che rendessero il prodotto appetibile e economicamente autosufficiente e il betting tornerebbe a investire”.
E anche la raccolta da questa campagna a favore del calcio potrebbe non portare i frutti sperati: “Ormai le società investono con gli infotainment, sono già presente sui ledwall, sulle maglie e non mi aspetto che gli investimenti si raddoppieranno, le aspettative sono troppo alte. Come detto va reso più appetibile il prodotto, magari agendo sul format, inserendo i play off o le finali scudetto che rendono gli sport americani molto più divertenti e di conseguenza con maggiore appeal commerciale.”
Come sta andando dopo lo spiraglio aperto dalla normativa? “Nelle ultime due settimane sono esplose le pubblicità sul gioco responsabile. Trovo che sia rischioso e che sia un’ipocrisia. Si può dire qualsiasi cosa mettendo alla fine questa foglia di fico ma sono a tutti gli effetti pubblicità di gioco. Quindi ribadisco: cosa vuole fare il legislatore? Serve chiarezza e torniamo ai concetti della Balduzzi altrimenti si producono pubblicità ibride che sono vere promozioni e danneggiano il settore. Serve autoregolazione altrimenti c’è il rischio di tornare al divieto totale. Dobbiamo essere furbi per evitare ulteriori azioni repressive”, ha concluso Niccolò Caramatti.