"In ogni caso, come chiarito dal Comune nella propria difesa, l’obiettivo perseguito non è quello, evidentemente troppo ambizioso di risolvere un problema così complesso come quello della ludopatia, bensì quello di cercare di disincentivare il gioco rendendo più difficile l’accesso ad esso e, in questo senso, anche il costringere il giocatore a uno spostamento non può essere ritenuto privo di rilevanza in un’ottica di disincentivazione al gioco.
Peraltro, il decorso del tempo dall’entrata in vigore delle disposizioni, mai sospese, senza che parte ricorrente abbia dimostrato il venir meno delle condizioni per la sopravvivenza dell’azienda comprova, al contrario, l’adeguatezza e proporzionalità della misura che, a prescindere dalla rilevazione puntuale degli effetti della stessa, non ha determinato la paventata cessazione dell’attività".
È una delle motivazioni con cui il Tar Veneto respinge il ricorso presentato dal gestore di una sala bingo di Mestre per l'annullamento della deliberazione n. 50 del 10 novembre 2016 del consiglio comunale di Venezia, con la quale è stato approvato il regolamento comunale in materia di giochi, nonché del regolamento comunale stesso, di ogni altro atto o provvedimento precedente o successivo correlato o connesso alla predetta deliberazione e regolamento comunale, che ha imposto la chiusura della suddetta sala alle ore 19.
Appurato che "l’intervento regolatorio risulta essere frutto di una ponderata scelta, basata su apposita attività istruttoria e, dunque, debitamente motivata", i giudici amministrativi sottolineano che al contrario di quanto postulato dal ricorrente "non è rilevante il fatto che lo stesso orario non sia esteso anche al Casinò municipale di Venezia, espressamente sottratto all’ambito di applicazione dall’art. 1 del regolamento, in quanto trattasi di una realtà a sé stante, istituita con regio decreto n. 636 del 27 aprile 1924 e soggetta a una particolare disciplina e quindi non comparabile con quella delle ordinarie sala da gioco".
Per il Tar Veneto inoltre "non può trovare positivo apprezzamento, infine, nemmeno il motivo di doglianza fondato sulla ritenuta violazione del principio di competenza, atteso che il potere regolamentare esercitato dal Comune trova fondamento nella potestà attribuita ai Comuni dall’art. 20 della legge regionale n. 6 del 27 aprile 2015.
Il ricorso risulta infondato anche laddove parte ricorrente lamenta la mancata concertazione del contenuto del regolamento con le attività produttive e le associazioni di categoria. Come emerge dalla stessa deliberazione n. 50/2016, le categorie e le associazioni sono state coinvolte nel procedimento finalizzato all'approvazione del Regolamento comunale in materia di giochi, tant'è che si è tenuta un'apposita seduta della Commissione Consiliare dedicata proprio all'audizione dei soggetti interessati, cui hanno partecipato rappresentanti di categorie, associazioni e singoli imprenditori come il legale rappresentante della ricorrente.
Così respinto il ricorso, anche la domanda risarcitoria non può avere miglior sorte, atteso che l’infondatezza di quanto dedotto esclude che sia ravvisabile una condotta fonte di responsabilità".