Governo: dopo il cambio di nomi serve un cambio di passo (e di approccio)
In attesa delle deleghe per i nuovi sottosegretari, il Consiglio dei Ministri cambia i nomi dei ministeri: ma ciò che serve davvero è un cambio di marcia. Soprattutto sul gioco.
Non solo più ministri e ministeri, ma anche nuove denominazioni per la definizione di vecchie e nuove competenze. Dopo l’annuncio dei vari dicasteri della 19esima legislatura e dei rispettivi ministri, nonché dei relativi sottosegretari, nel primo Consiglio dei Ministri utile, il presidente Giorgia Meloni, ha proposto il decreto-legge, “urgente”, di riordino delle attribuzioni dei ministeri. Ottenendone l’approvazione. Il testo - come noto - stabilisce le nuove denominazioni e competenze dei ministeri interessati dallo stesso riordino. Ma senza fare il passo successivo, cioè quello poi atteso, dell’attribuzione delle deleghe aggiuntive ai vari sottosegretari.
Così, in attesa di conoscere chi sarà il nuovo delegato al mercato del gioco (settore, questo, che attende ben altro riordino) intanto si formalizzano le denominazioni dei nuovi ministeri. Con quello dello Sviluppo economico che diviene “delle Imprese e del made in Italy” e acquisisce la competenza in materia di promozione e valorizzazione del made in Italy in Italia e nel mondo, appunto; il ministero delle Politiche agricole alimentari e forestali (che ha la competenza anche dell’ippica) diviene “ministero dell'Agricoltura, della sovranità alimentare e forestale” e acquisisce la competenza in materia di tutela della sovranità alimentare; il ministero della Transizione ecologica è ridenominato “ministero dell’Ambiente e della sicurezza energetica” e diviene competente in materia di sicurezza energetica; il ministero delle Infrastrutture e della mobilità sostenibili si ri-denomina “ministero delle Infrastrutture e dei trasporti”; il ministero dell’istruzione si denomina “ministero dell’istruzione e del merito” e si specificano le funzioni spettanti al ministero in materia di valorizzazione del merito.
Anche se gli italiani, più o meno esplicitamente, avranno pensato tutti che ci sarebbe qualcosa di molto poi urgente di cui occuparsi e, magari, da riordinare, è evidente che ogni passaggio di governo richiede delle formalità e degli inevitabili passaggi burocratici e legislativi. E da qualche parte si deve pur cominciare. Allora ben venga anche questo passaggio, proprio perché di un inizio si tratta: e tutto sommato è stato anche un avvio piuttosto rapido rispetto ai precedenti governi, nonostante i vari cambiamenti che si portano dietro questi passaggi ulteriori. Ma ora è già il momento di abbassare la testa a Palazzo Chigi e mettersi a lavorare, sul serio, perché le urgenze sono davvero tante e le situazioni critiche non mancano di certo, in nessun settore. Come in quello del gioco pubblico, che come siamo soliti ripetere, attende risposte serie e concrete rispetto alle sorti future, dovendo - prima o poi - andare incontro alle gare per il rinnovo delle concessioni che i precedenti esecutivo hanno soltanto saputo riordinare.
Adesso la (nuova) speranza degli addetti è che l’esecutivo guidato dalla premier Giorgia Meloni possa distinguersi dai precedenti non soltanto per il cambio di nomi e di attribuzioni dei vari ministeri, ma anche per le riforme che questi potranno promuovere ed attuare. Partendo da quella del gioco pubblico, che dovrà uscire dal Ministero dell’Economia: uno di quelli che non cambia nome ormai da molti anni, mentre tutti sperano che possa invece cambiare nel metodo. Soprattutto nei confronti del gioco, rispetto al quale serve senz’altro un nuovo approccio. Non più condizionato da giudizi dogmatici, populisti e puramente ideologici, che però, va detto, in genere provengono dagli altri reparti dell’esecutivo o del legislativo e non direttamente dal Mef, dove invece alberga senz’altro la vera concretezza, pur non riuscendo sempre a poterne uscire ed essere applicata. Non è certo un caso, infatti, se negli ultimi dieci anni si sono susseguiti una serie di governi tecnici: proprio allo scopo di non dipendere strettamente dalle valutazioni politiche e prettamente elettorali. Anche se poi, in tutti i casi, neanche questi sono riusciti ad affrontare i problemi più scomodi e delicati, come quelli dei giochi, finendosi col preoccupare in qualche modo, sempre e comunque delle reazioni mediatiche di fronte alle scelte da eseguire. Complici anche le varie emergenze che si sono susseguite nel tempo e le nuove e priorità che si sono via via ridefinite.
Ma ora è iniziato un nuovo percorso e tutti si aspettano un vero cambio di passo: in questo senso, dunque, il governo Meloni ha davvero poco da perdere e tutto da guadagnare, nel prendere decisioni anche teoricamente scomode, se concrete e orientate alla concretezza, mirate a una soluzione. Perché se è vero che il fine giustifica i mezzi, quando si parla di riformare il gioco pubblico, ciò che si chiede è di attuare delle disposizioni che possano essere in grado di garantire l’Erario, la sicurezza e il benessere dei giocatori e delle imprese, puntando a una piena (e vera) sostenibilità. Per farlo, dunque, non serve neppure tanto coraggio, ma solo buon senso: oltre alla giusta dedizione, allo studio e alla dovuta attenzione che ogni riforma dovrebbe prevedere. Visto che le competenze, a prima vista , non sembrano mancare, guardando i ministri e i sottosegretari chiamati a occuparsi della materia. Anche se le delega al gioco deve ancora essere assegnata. Ma dovrebbe essere soltanto questione di pochi giorni. E già da questi tempi di risposta è di attivazione, potremo capire subito se si tratta davvero di un governo del fare. O se torneranno ad essere, come al solito, soltanto parole.
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