Ridare all’Italia un ruolo determinante nel massimo organismo del trotto europeo e, di pari passo, contribuire a restituire all'ippica nazionale l’attenzione che merita: sono due degli obiettivi del lavoro di Tamara Papiccio, recentemente nominata come prima vicepresidente dell'Unione europea del trotto, nonché coordinatrice della programmazione nazionale delle corse ippiche per il ministero dell'Agricoltura, che ha fatto della passione per il cavallo un po' la sua ragione di vita, sotto vari punti di vista.
Ecco quindi la sua visione per il settore e per il suo rilancio, che secondo lei deve passare anche dal superamento di un “certo corporativismo” che affligge la filiera, armandosi di un sano spirito di squadra, e dall'abbandono del vittimismo nella comunicazione. Perché è solo con l'unità che si vince davvero.
Come evidenzia nell'intervista pubblicata sul numero di marzo della rivista Gioco News (consultabile integralmente online a questo link).
Partiamo dalla sua nomina a prima vicepresidente dell'Unione europea del trotto. Cosa rappresenta per lei?
“A livello personale, un grande onore e il coronamento di una carriera professionale nel mondo dell’ippica che dura da trent’anni. Si tratta però prima di tutto del risultato dell’eccellente lavoro di squadra svolto dalla Direzione generale per l’ippica del Masaf che, nel suo primo anno di attività, è riuscita a riconquistare la fiducia del settore anche all’estero. L’assegnazione all’Italia della seconda carica più importante dell’Unione europea trotto è un traguardo che sembrava al di fuori della nostra portata fino a pochi mesi fa. Invece siamo riusciti a recuperare credibilità in Europa.
Contrazione dei tempi di pagamento dei premi, rapidità e qualità dell’interlocuzione nei consessi internazionali, trasparenza e comunicazione, priorità alla tutela del benessere del cavallo, sono tutti segnali che hanno fatto percepire il risveglio del 'gigante dormiente' dell’ippica europea. L’atteggiamento dei Paesi scandinavi nei nostri confronti è completamente cambiato, dopo aver visto come il Masaf ha accolto le nuove norme sull’uso della frusta come strumento di comunicazione dolce tra driver e cavallo sancite dall’Uet - un’autentica rivoluzione – e quanta incisività ha dato ai controlli antidoping in corsa e in allenamento.”
E quali sono gli obiettivi del suo mandato?
“Contribuire a ridare all’Italia un ruolo determinante nel massimo organismo del trotto europeo, permettendole di riguadagnare gradualmente il terreno perduto in vista della concretizzazione del progetto di costituzione di un’agenzia per l’ippica previsto dal Collegato alla Finanziaria e dall’azione del Governo per la riforma complessiva del settore. All’interno del Presidium dell’Uet, agirò con costanza affinché l’Italia ippica possa tornare protagonista, come lo era al momento della sua creazione, nel 1973.
Lo statuto dell’Uet attribuisce un peso diverso ai Paesi aderenti in base alle dimensioni della loro industria ippica e l’Italia, grazie ai numeri di allevamento, montepremi e corse organizzate appartiene, insieme a Francia e Svezia, all’élite del gruppo 1.
Da quindici anni sono segretario generale di un’altra associazione internazionale, l’Unione ippica del Mediterraneo. Potrò quindi lavorare per accrescere la sfera di influenza internazionale dell’Uet, mettendo a frutto un patrimonio di relazioni e di cooperazione tra realtà ippiche molto diverse tra loro, ma accomunate dall’amore per i cavalli e per l’ippica.
Avendo iniziato la mia carriera a Tor di Valle, ippodromo che ha scritto alcune delle più belle pagine del trotto, sono particolarmente emozionata nell’avere ricevuto un incarico istituzionale tanto prestigioso proprio nell’Uet.”
Subito dopo la nomina dell'Uet, lei ha detto che “i cavalli sono una parte molto importante della sua vita”. Come si è avvicinata a questo mondo, e come coltiva adesso la sua passione, al di là dell'aspetto meramente lavorativo?
“Sono innamorata dei cavalli sin da bambina: la prima parola che ho pronunciato è stata 'cavallo' e ho divorato tutti i libri sui cavalli che ho trovato sulla mia strada. Mi interesso di etologia e ho un diploma in terapia cognitivo-comportamentale. Sono un’amazzone dilettante di medie capacità in salto ostacoli ed equitazione di campagna da quando avevo 11 anni.
Più di tutti mi sono sempre piaciuti i purosangue e i trottatori per la loro intelligenza, reattività, nobiltà d’animo e versatilità e il mio più grande obiettivo da ragazza era quello di potere tenere un cavallo a casa. Quando ci sono riuscita, il primo cavallo tutto mio è stato una giovane trottatrice scartata dalle corse, di grandi mezzi ma di pessimo carattere, che ho riaddestrato e con la quale ho condiviso 20 anni di pericolose passeggiate.
Mi interesso del recupero e ricollocamento dei cavalli da corsa a fine carriera e sono socio onorario della Relived Horses di Jacqueline Freda.
A casa mia adesso vive Badoglio, un anziano trottatore con una gloriosa carriera di corse alle spalle (oltre 100 tra vittorie e piazzamenti e 250.000 euro di premi vinti per il suo vecchio proprietario), che è con me da quando ha smesso di correre.”
Le figure femminili all'interno dell'ippica sono sempre di più, fra fantine, proprietarie di ippodromi e di cavalli, presidenti di associazioni di categoria, oltre a quelle in ruoli “ministeriali”, ad esempio. Secondo lei, qual è il valore aggiunto che le donne possono portare in un campo come questo, che per lungo tempo è stato prettamente maschile?
“Noi donne abbiamo 'una marcia in più' nella relazione con un animale che è sensibile ed empatico come e più di noi. Nell’ippica che, insieme all’equitazione, è l’unica forma di competizione in cui donne e uomini si confrontano insieme alla pari, abbiamo l’opportunità di dimostrare tutto il nostro valore. Proprio dalle corse ippiche, alla centesima Olimpiade, è arrivata la prima medaglia olimpica vinta da una donna della storia dell’umanità.
Abilità tipicamente femminili come la capacità di comprendere le emozioni dell’altro e di creare relazioni affettive e di cura sono qualità importanti nelle professioni ippiche. Visione ampia ed equilibrata delle situazioni, senso di responsabilità, pazienza e resilienza sono atout che possiamo spendere a livello manageriale.
Rispetto al mondo equestre, dove le amazzoni sono la stragrande maggioranza, nell’ippica le donne fanno però più fatica ad inserirsi. La competitività estrema richiesta dalle corse è un po’ fuori dalle nostre corde, non a caso ci sono più donne groom che fantine e guidatrici. Affermare che le donne amano il comfort è uno stereotipo, ma non si può certo dire che il livello dei servizi per gli operatori negli ippodromi e nei centri di allenamento sia paragonabile a quello che troveremmo in un circolo ippico di pari livello.
Noi donne tendiamo a voler programmare la nostra vita e l’ippica manca di un percorso scolastico professionale dedicato. In Francia, dove l’Afasec - Association de formation et d'action sociale des écuries de courses (Associazione di formazione e azione sociale delle scuderie da corsa, Ndr) rilascia un diploma equiparato a quello di un perito agrario intercettando i ragazzi sin dalla scuola superiore, ci sono tantissime fantine.”
All’interno del Masaf lei attualmente ricopre l’incarico di coordinatrice della programmazione nazionale delle corse ippiche. Qual è il suo bilancio finora?
“Un bilancio molto positivo. Quando ho conosciuto il direttore generale Remo Chiodi e il sottosegretario Patrizio La Pietra sono stata conquistata dalla loro visione e dall’impegno profuso nel rilancio di un settore per troppi anni abbandonato a sé stesso.
Sono grata alla Direzione generale per l’ippica per avermi offerto l’opportunità di svolgere il lavoro che amo al servizio della pubblica amministrazione, un’esperienza per me del tutto nuova. Credo che, in un anno di lavoro davvero impegnativo, siamo riusciti a centrare risultati notevoli e ad iniziare il percorso che porterà a restituire l’attenzione che merita a quello che rimane, secondo me, lo spettacolo più bello del mondo: le corse dei cavalli. Cito solo la pubblicazione del calendario delle corse ippiche avvenuta entro ottobre, per la prima volta da decenni. Un segnale importante di stabilità e la possibilità di programmare opportunamente le attività per gli operatori della filiera.”
E cosa auspica per il rilancio del settore, anche da parte della filiera?
“La volontà politica e l’impegno della Direzione generale per l’ippica del Masaf nel portare avanti, in tempi rapidi, il piano di rilancio mi sembrano al momento fuori discussione. L’ippica è evidentemente al centro delle attenzioni del Masaf e questa è una opportunità che il settore deve saper cogliere. Un tale cambio di passo da parte dell’Amministrazione merita la fiducia di tutte le componenti, che possono contribuire in prima persona a una riforma storica. Consultazioni, dialogo e presenza negli ippodromi sono stati una costante nel corso di tutto il 2024.
Da parte della filiera auspicherei il superamento di un certo corporativismo che impedisce di esaminare le questioni e i processi con la necessaria visione di insieme, spuntando le ali alle osservazioni e alle proposte presentate all’Amministrazione.
Un altro invito che mi sento di formulare è quello di abbandonare il vittimismo nella comunicazione. I sentimenti di frustrazione per la caduta verticale che l’ippica italiana ha subito negli ultimi venti anni sono comprensibilissimi, ma è altrettanto vero che la risalita dipende da tutti noi. Chi opera nell’ippica italiana dovrebbe mostrarsi per primo orgoglioso del mondo delle corse e armarsi di un sano spirito di squadra, se desidera che il settore torni capace di attrarre nuovi spettatori, investitori e proprietari di cavalli.”