Le elezioni regionali in Umbria si avvicinano a grandi passi, e prosegue lo speciale di Gioco News (pubblicato sulla rivista di novembre, consultabile integralmente online a questo link) teso a conoscere più da vicino alcuni candidati e il loro punto di vista anche sul contrasto al gioco patologico.
Dopo Donatella Tesei e Stefania Proietti, è la volta di Martina Leonardi, scesa in campo come aspirante governatrice con il supporto del Partito comunista italiano e di Potere al popolo.
Quali sono per sommi capi, i punti centrali del suo programma elettorale per l’Umbria?
"I punti centrali sono Cura, Comunità, Educazione e Lavoro. Cura dell’individuo ripartendo dalla sanità e della tutela ambientale. Cura delle Istituzioni verso i cittadini e le cittadine, con particolare attenzione alla sanità. Il tema della Sanità è di fondamentale importanza dato che negli ultimi 20 anni nella nostra Regione è stata totalmente smembrata. Gli ospedali umbri sono stati depotenziati, Narni Amelia e Spoleto non esistono più. Ma anche Gubbio. C’è poi il problema dell’ospedale Santa Maria di Terni che è una struttura affaticata che necessita di un nuovo polo. Spoleto deve essere riportato alla sua piena funzionalità, Narni-Amelia deve essere realizzato. Abbiamo bisogno di una sanità di vicinanza: sì alle case di comunità ma con personale medico pubblico, medici di famiglia che lavorino sulle 24h. Ma anche una sanità senza ticket sanitari: accessibile a tutti e tutte.
Il nostro progetto prevede delle semplici mosse: investire sulla prevenzione primaria, mappare nel territorio le aree a rischio epidemiologico, investire su una sanità di vicinanza e guardare il paziente in prospettiva bio-psico sociale. Questo significa andare oltre ai sintomi e alla malattia, significa prevenire l’insorgenza di malattia e quando questa insorge trattare la malattia e il paziente a 360 gradi, affrontando tutto ciò che ne consegue anche sul piano sociale e psicologico, andando a lavorare sull’abbattimento delle barriere che la malattia provoca. Parlare di Comunità significa affrontare il problema della società liquida e dell’individualizzazione crescente. Comunità è rete tra cittadini e cittadine per fare in modo che si interfaccino tra loro e con le Istituzioni. Comunità è creare spazi di aggregazione come circoli o parchi pubblici. Non esiste Comunità senza luoghi dove la Comunità possa partecipare e ritrovarsi. Comunità è quindi anche, avere luoghi della cultura accessibili a tutti e tutte. Comunità è sentirsi parte di un progetto, sentirsi inclusi, condividere obiettivi.
Il nostro obiettivo è ricreare in Umbria una società equa e ricostruire quelle strutture frantumate che fanno di una società una società civile per il benessere di tutti i cittadini e le cittadine, dei bambini e delle bambine, ma soprattutto sterilizzare definitivamente quelle collusioni che condizionano le scelte politiche Locali a solo vantaggio dei profitti privati e non della comunità, combattere quel modello dominante che fa da scudo a privatizzazioni selvagge.
Alla logica del Pil noi rispondiamo con la logica della felicità interna lorda, alla logica della privatizzazione noi vorremmo rispondere con la logica dei servizi pubblici per tutte e per tutti, alla logica della precarietà noi vorremmo rispondere con la logica della stabilità, alla logica della paura noi vorremmo rispondere con la conoscenza e la tutela della diversità, facendo diventare chiunque sia considerato altro, nostro fratello o sorella. Ricostruire l’istruzione e la formazione pubblica di qualità per tutti e per tutte combattendo con tenacia ogni tipo di autonomia, tornando a far muovere davvero l’ascensore sociale che è bloccato da anni agli interessi di pochi che lottano per mantenere il proprio privilegio. Diritti umani, sociali, civili di tutti e di tutte."
Qual è la sua posizione in materia di contrasto al gioco patologico? Meglio puntare su limiti orari alle attività e distanze dai 'luoghi sensibili’ o, meglio, pensare a iniziative di prevenzione e informazione dei cittadini?
"Le recenti stime dell’Istituto superiore di sanità parlano di una popolazione di circa 5,2 milioni di giocatori 'abituali' in tutta Italia, di cui 1,2 milioni sono da considerarsi problematici, ovvero con dipendenza.
Nello specifico, ritengo sia opportuno lavorare su diversi fronti per ottenere alcuni risultati fondamentali e cioè: 1) una significativa diminuzione dei soldi giocati e delle perdite da gioco; 2) un ridimensionamento del numero di utenti presso il SerD per patologia da gioco; 3) un numero minore di slot machine presenti sul territorio.
Il contrasto del gioco d’azzardo è stato affrontato negli ultimi anni dallo Stato attraverso una serie di misure normative tra cui la Legge n. 189/2012, che dal 2013 ha previsto vincoli più stringenti sui messaggi pubblicitari dei giochi con vincite di denaro e disposizioni sulle distanze minime dei punti di gioco dai luoghi sensibili come le scuole.
Negli anni si sono aggiunte normative locali, regionali e perfino comunali, che vanno a rafforzare gli interventi legislativi nazionali.
Ma accanto a misure che seguono un approccio repressivo e misure sanzionatorie, è del tutto evidente che un ruolo centrale per il contrasto al fenomeno è svolto dagli interventi educativi e i programmi di prevenzione al gioco d’azzardo patologico che pongono in prima linea la scuola.
Le azioni di prevenzione in riferimento al gioco d’azzardo patologico (Gap) sono riconducibili a quattro principali ambiti: 1. iniziative educative e informative sul gioco d’azzardo patologico e non; 2. azioni di analisi e monitoraggio dei comportamenti dei giocatori; 3. azioni di formazione di operatori, educatori, insegnanti; 4. azioni di regolazione della distribuzione delle vincite/perdite.
Nel contesto scolastico la prevenzione si può attuare prevalentemente sui due livelli dell’informazione/educazione degli studenti e della formazione agli insegnanti.
Livelli di prevenzione - Possiamo precisare il significato di prevenzione del gioco d’azzardo attraverso il modello proposto da Korn e Shaffer (1999), utile per definire gli interventi di salute pubblica nell’ottica della prevenzione. Il modello distingue le due condizioni di gioco d’azzardo sano e patologico: nel primo il giocatore ha consapevolezza delle reali probabilità di vincita, vive il gioco in modo equilibrato rispetto alle altre attività della vita e attua comportamenti di scommessa economicamente sostenibili; nel secondo ha un’errata stima delle probabilità di vincita, l’esperienza di gioco perde il carattere di piacevolezza diventando un atto necessario e compulsivo, ed è associato a disagio psicologico e alla compromissione delle condizioni economiche.
Il modello permette di considerare le condizioni di gioco d’azzardo nella popolazione (assente, sano e patologico) entro un continuum di intensità o gravità e di individuare corrispondenti interventi di prevenzione diversi per strumenti, obiettivi e target. Prevenzione universale: è rivolta a tutti i cittadini, coinvolgendo sia i soggetti che non hanno alcun comportamento di gioco, sia coloro che giocano in modo sano; viene anche definita prevenzione primaria. Nell’ambito del Gap, mira in genere ad accrescere la consapevolezza sulle probabilità di vincita reali dei giochi, sulle caratteristiche che ne favoriscono un utilizzo compulsivo e sugli aspetti della dipendenza patologica.
Prevenzione selettiva: è rivolta a specifici sottogruppi della popolazione che presentano fattori di rischio e vulnerabilità per evitare che queste persone sviluppino un vero e proprio disturbo da gioco patologico. A questo livello, definito anche prevenzione secondaria, si attuano interventi brevi, di diagnosi e di trattamento precoce rivolti a giovani che possono risentire in modo lieve o moderato degli effetti del gioco (es. sulle performance di lavoro, benessere fisico, economico, sociale).
Prevenzione indicata: definita prevenzione terziaria, è rivolta a soggetti che presentano un comportamento patologico da moderato a severo nel gioco e si traduce in interventi specialistici come il trattamento e la riabilitazione.
Detto questo: prevenzione primaria è sempre la parola d’ordine."
Secondo lei, sempre per contrastare il gioco patologico, sarebbe meglio una legge nazionale valida per tutte le regioni o vanno difesi i poteri attuali di Regioni e Comuni in materia?
"Il gioco d’azzardo è connesso a diverse problematiche, tra cui quelle sul versante sanitario e socioeconomico. In assenza di una precisa normativa che intervenga a livello nazionale e in modo omogeneo a disciplinare quest’ambito, spesso l’iniziativa è assunta dalle Regioni e dai Comuni, che nel corso degli anni hanno introdotto diverse misure per cercare di fronteggiare la situazione. Ciò del resto non stupisce, anche in ragione del fatto che le conseguenze negative del gioco patologico sono facilmente rilevabili a livello locale.
Tutte le regioni italiane sono intervenute, negli anni, con leggi che hanno disciplinato il gioco d’azzardo: lo scopo principale di queste leggi è quello di mettere in campo un freno alla diffusione del gioco sul territorio regionale. Ciò lo si può anzitutto riscontrare a partire dai titoli delle varie leggi che sono state via via approvate: il riferimento costante è infatti alla prevenzione e al contrasto del gioco d’azzardo patologico e alla ludopatia.
Del resto, questo è esattamente l’ambito in cui le Regioni possono intervenire, in quanto afferente alla tutela della salute.
Per lungo tempo, la questione del gioco è stata ritenuta riservata alla competenza esclusiva dello Stato, inquadrandola nella materia ordine pubblico e sicurezza: questo orientamento è stato superato con la sentenza 300/2011 della Corte costituzionale (indirizzo ribadito anche più recentemente con le sentenze 108/2017 e 27/2019) che ha valorizzato il tema della tutela della salute nell’ambito del gioco d’azzardo e conseguentemente ha ritenuto legittimi gli interventi regionali. Leggi statali e regionali concorrono, dunque, ciascuna nel proprio ambito, al perseguimento dello stesso obiettivo, costituito dalla materia salute, con il solo limite per la Regione del 'rispetto dei principi fondamentali' stabiliti dalle leggi dello Stato.
In sintesi per noi è la Regione in concomitanza con lo Stato che deve intervenire, perché appunto la prevenzione rientra nella tutela della salute, in ogni Comune ci devono essere le stesse normative al fine di non favorire lo spostamento di giocatori."